Costruire con l'AI: 7 Risposte da Offline 2025 (Parte 1)
Le domande alle quali non abbiamo fatto in tempo a rispondere a Offline 2025, e le nostre risposte.
Durante il nostro talk a Offline 2025, io e Gianluca abbiamo raccontato come stiamo costruendo prodotti digitali in modo radicalmente diverso grazie all’AI, riducendo la distanza tra idea e codice con strumenti come Lovable, Cursor e un nuovo modo di collaborare tra persone tecniche e non.
Alla fine del talk è successa una cosa bellissima: una pioggia di domande. Tante, interessanti, e spesso molto dirette.
Il problema? Il tempo era finito. E non siamo riusciti a rispondere a tutto sul palco.
Per questo abbiamo deciso di raccogliere qui, in due articoli, le domande più importanti, quelle che toccano i temi caldi di chi oggi vuole costruire prodotti digitali, anche senza essere uno sviluppatore di professione.
In questo primo articolo rispondiamo a tutte le domande legate all’evoluzione della programmazione, al ruolo dell’AI, al vibe coding e alle competenze che contano davvero.
💬 Le domande a cui rispondiamo in questo articolo:
- Quanto complesso può essere un prodotto sviluppato con AI? 
- La velocità di sviluppo è davvero la soluzione per crescere? 
- Se si vuole imparare oggi codice da zero, conviene cominciare oppure è fare solo vibe coding? 
- “L’allaccio” tra back-end e front-end è la parte difficile quando si programma parte del codice in vibe coding? 
- Esistono soluzioni pronte per costruire software scalabili e mantenibili che superano i limiti del vibe coding? 
- Perché Lovable e non Replit? 
- Gli LLM possono essere di aiuto anche per l'accessibilità dei siti e app? 
🧠 1. Quanto complesso può essere un prodotto sviluppato con AI?
Oggi strumenti come Lovable permettono di creare interfacce e flussi utente in modo sorprendentemente veloce. La qualità della UI generata è spesso molto alta e utile per realizzare prototipi, demo e MVP. Ma quando si parla di prodotti complessi, emergono ancora diversi limiti.
In particolare, l’AI fatica a gestire bene la modularità del codice e la logica di dominio. Se il progetto non segue un pattern ben definito o standardizzato, la generazione tende a diventare fragile, poco estendibile e difficile da mantenere.
Per questo non consigliamo di sviluppare l'intero prodotto con strumenti AI-driven, ma di usarli come acceleratori per le parti semplici o a basso rischio, o in fase di validazione.
Per fare un esempio pratico: nel nostro caso abbiamo realizzato con Lovable un piccolo CRM interno e alcuni A/B test visivi su una nuova UI. Funziona bene perché sono progetti con una struttura chiara e poco rischio oltre ad essere usato solamente dai nostri colleghi e non dai nostri customer. Se il dominio si complica, torniamo a una scrittura più guidata e modulare, come raccontiamo meglio qui 👇
Sviluppare con AI: strategie per creare un prodotto tecnologico nel 2025
Questo articolo nasce dal talk che ho tenuto insieme a Gianluca durante Offline, l'evento di tre giorni organizzato da Learnn e che ha visto la partecipazione di oltre 1700 persone.
⚡ 2. La velocità di sviluppo è davvero la soluzione per crescere?
La velocità in sé non basta. È vero: l’AI ci permette di fare più cose, più in fretta, ma il punto non è solo produrre di più. Il vero valore è la qualità del miglioramento che introduce nel processo di sviluppo.
Oggi posso chiedere a un LLM di fare il refactoring di un’intera funzione e ottenere in pochi secondi ciò che prima richiedeva ore. Posso esplorare soluzioni, generare test, scrivere documentazione con il minimo sforzo.
Possiamo usare il tempo risparmiato per rendere il codice più robusto con refactoring che prima per mancanza di tempo non avremmo fatto.
Ma tutto questo ha senso solo se c’è qualcuno che controlla, che garantisce sicurezza, performance e coerenza del prodotto.
L’AI è un accelleratore, non una scorciatoia. Va usata per abilitarci a costruire meglio, non solo più velocemente.
👨💻 3. Ha senso imparare a programmare oggi o si può fare solo vibe coding?
Personalmente, se oggi iniziassi da zero, studierei comunque le basi della programmazione.
Non perché il codice sia sacro, ma perché capire come funziona il codice ti permette di guidare meglio anche gli strumenti AI.
Il vibe coding funziona bene se hai già un po' di esperienza. 
È come affrontare la Parigi-Dakar con una moto truccata ma senza conoscere la meccanica: finché tutto gira liscio voli sulle dune, ma appena senti un rumore strano nel motore o si rompe la catena, sei bloccato nel mezzo del deserto senza sapere nemmeno da dove iniziare.
Saper leggere codice, ragionare per componenti, capire l’architettura di un’applicazione ti dà controllo. E questo, con o senza AI, fa tutta la differenza.
🔌 4. “L’allaccio” tra backend e frontend è davvero la parte più difficile?
Dipende dal contesto. Se parliamo di prototipi end-to-end fatti con Lovable, in realtà non è così complesso: il sistema integra già servizi database come Supabase in automatico, quindi puoi costruire un’app funzionante da zero senza scrivere una riga di backend.
Ma nel nostro caso, per motivi di sicurezza e controllo, preferiamo non collegare direttamente i servizi interni a ciò che viene generato in autonomia dal team (ad esempio nei test A/B visivi).
Quindi replichiamo le informazioni necessarie in un database separato, e lasciamo che le app generate leggano da lì, in modalità sicura e limitata.
Questa è una scelta che dipende molto da quanto controllo vuoi mantenere sull’architettura e dai rischi del caso d’uso.
🧱 5. Esistono soluzioni pronte per superare i limiti del vibe coding?
Al momento, non ne conosciamo di veramente solide.
Il limite rimane lo stesso: la mancanza di modularità. 
Finché i tool AI non evolveranno per generare codice progettato per crescere, ci sarà sempre un tetto a quello che puoi fare solo con vibe coding.
Se parliamo di processi invece che tool invece la risposta è si. Abbiamo scritto un articolo sul che racconta nei dettagli un processo che riduce notevolmente i limiti del vibe coding. 👇
Context Engineering: Il ponte tra da Vibe Coding a Vibe Engineering
La Fine della Luna di Miele: Quando l'AI Coding Smette di Essere Magico
Se invece conosci un tool che riesce a farlo, scrivicelo nei commenti: siamo sempre curiosi di provarne di nuovi.
🧰 6. Perché avete scelto Lovable invece di Replit?
In realtà non c’è stato un motivo strategico o ideologico. Lovable era il tool più usato nella community che stavamo esplorando e volevamo provarlo.
Ma questo apre un tema importante: i tool cambiano, il processo resta.
Oggi Lovable, domani Replit, dopodomani Bolt. Se ti costruisci un processo solido per lavorare con l’AI (come generare, validare, integrare, testare), allora puoi adattarlo a qualsiasi strumento.
Proprio come un buon developer non si identifica con un framework, ma con la sua capacità di risolvere problemi con il tool migliore per il contesto.
♿ 7. Gli LLM possono aiutare con l’accessibilità?
Sì, e sono già utili in molti casi.
Se sai cosa correggere (es. hai una checklist WCAG o delle best practice), puoi chiedere a un LLM di:
- aggiungere i tag ARIA dove mancano; 
- assicurarti che i componenti siano navigabili da tastiera; 
- descrivere immagini in modo corretto; 
- migliorare la semantica HTML. 
Insomma: l’AI non si inventa l’accessibilità, ma può essere un assistente molto efficiente se hai le idee chiare.
Siamo in un momento unico: costruire software non è mai stato così accessibile, ma proprio per questo, non basta più saper scrivere codice.
Serve imparare a dare direzione all’AI, costruire processi solidi e mantenere la responsabilità tecnica su ciò che si mette online.
L’AI può scrivere codice al posto nostro, ma non penserà al posto nostro. E il vero valore non sta solo nel fare le cose più in fretta, ma nel riuscire a farle meglio e con più qualità.
In questo articolo abbiamo risposto a molte domande su AI, coding e nuove competenze.
Ma non erano le uniche.
A breve pubblicheremo anche un secondo articolo con le risposte alle domande su:
- come passare da MVP a prodotto, 
- come costruire senza un team tech, 
- come trovare collaboratori tecnici, 
- e quali sono le cose da studiare oggi per costruire in modo sostenibile. 
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Alla prossima,
Omar
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